Sesta edizione del Premio Letterario Paolo Volponi: “Letteratura e impegno civile”
Torna il Premio Letterario Nazionale “Paolo Volponi”, istituito nel 2004 in occasione del decennale della morte dello scrittore urbinate Paolo Volponi, una delle voci più importanti della letteratura italiana del Novecento.
Il Premio Letterario Nazionale “Paolo Volponi” si prefigge di promuovere la conoscenza della figura e dell’opera di un uomo il cui impegno nella letteratura e nella società civile a più livelli e su più fronti ha lasciato tracce indelebili.
Tra i tanti Premi di rilevanza nazionale, il Premio “Paolo Volponi” è l’unico interamente dedicato alla narrativa di impegno civile che, in questi ultimi anni, sta incontrando il favore dei lettori e della critica nonché un rinnovato interesse degli stessi scrittori, dopo diversi decenni di prevalenza, nella scrittura, di orientamenti a carattere psicologico nonché del giallo e del noir.
Il Premio Letterario Nazionale “Paolo Volponi” assolve anche una funzione di promozione della lettura e di attenzione nei confronti della narrativa e della letteratura dedicata al lavoro, all’impresa e ai temi sociali.
La giuria tecnica del Premio Letterario Nazionale “Paolo Volponi” – formata dal critico letterario Enrico Capodoglio e dallo scrittore Angelo Ferracuti – ha reso noti i nomi dei tre finalisti all’edizione 2009, in programma a Porto Sant’Elpidio, Urbino, Fermo ed Altidona tra sabato 14 e martedì 17 novembre prossimi.
Si tratta di: Ascanio Celestini, con Lotta di classe (Einaudi), Luigi Di Ruscio con il romanzo Cristi polverizzati (Le Lettere), Walter Siti con il romanzo Il contagio (Mondadori).
Nella serata di martedì 17 novembre, al Teatro delle Api di Porto Sant’Elpidio, sarà poi una giuria popolare – formata da settantuno “lettori forti”, di cui trenta studenti delle Scuole Superiori della Provincia di Fermo, a decretare il vincitore.
Il programma del Premio prevede, inoltre, la presentazione, ad Urbino, delle novità editoriali 2009 di critica letteraria su Paolo Volponi, ovvero i volumi “Volponi personaggio di romanzo- con tre testi inediti” ( Manni – 2009 ) di Giancarlo Ferretti ed Emanuele Zinato e “Scrivo a te come guardandomi allo specchio” ( Polistampa – 2009 ), raccolta delle lettere scritte da Volponi a Pasolini dal 1954 al 1975, a cura di Daniele Fioretti.
La presentazione del libro di Umberto Ambrosoli, “Qualunque cosa succeda. Storia di un uomo libero” (Sironi -2009), a Porto Sant’Elpidio. L’incontro “Dopo Volponi. Letteratura e politica oggi”, con la partecipazione dei critici letterari Andrea Cortellessa e Massimo Raffaeli, presso il Teatro Comunale di Altidona. La diffusione e presentazione nelle Scuole del territorio, della pubblicazione “I libri cambiano il mondo – tre interventi di Paolo Volponi” a cura dell’Istituto per la Storia del Movimento di Liberazione di Fermo.
Il Premio Letterario Nazionale “Paolo Volponi” è organizzato da una rete istituzionale ed associativa che coinvolge :
la Provincia di Fermo, i Comuni di Fermo, Porto Sant’Elpidio, Altidona ed Urbino, la Fondazione Progetto Città e Cultura di P.S.Elpidio, la Fondazione Cassa di Risparmio di Fermo, il Circolo di Confusione, il Montefeltro Sviluppo Parco Letterario “Paolo Volponi”, il Gal del fermano, la Camera di Commercio di Fermo; le associazioni : Altritalia, Periferie, la Luna, Altidona Belvedere, Istituto per la Storia del Movimento di Liberazione, il Centro Studi “Osvaldo Licini”.
I vincitori delle precedenti edizioni sono stati: Guido Barbujani (2004), Sergio Pent (2005), Mario Desiati (2006), Marcello Fois (2007), Eraldo Affinati (2008).
FINALISTI PREMIO LETTERARIO NAZIONALE “PAOLO VOLPONI” Edizione 2009
Ascanio Celestini “Lotta di classe” (Einaudi)
“Chi ha detto che il tempo è denaro ? Un filosofo, un banchiere o un orologio ?”. Se ne vanno a rotta di collo le giornate di Marinella e salvatore, di Nicola e della signorina Patrizia. Le giornate di chi fa dieci lavori tutti precari e ha l’impressione di vivere a mezz’aria, “pisciando in corsa come i ciclisti al giro d’Italia”. Perché se è vero che il tempo è denaro, il loro tempo dev’essere denaro di qualcun altro.
Vivono tutti in un condominio fuori dal Raccordo Anulare, cinque piani di vite arrangiate fra il centro commerciale e il gigantesco call center. Dietro alle spalle ci stanno i padri, con i loro ricordi di guerra e le loro sicurezze appiccicate alla poltrona, “la perseveranza del mondo contadino dentro allo stupro urbanistico palazzinaro”. E nel presente c’è l’insensatezza di un tempo bloccato, apparecchiato e inutile come la casetta di Barbie.
Nelle quattro storie che s’intersecano dentro questo libro se ne raccolgono un’infinità di altre, per raccontare l’energia, la delusione e la rabbia di una generazione, ma anche la fantasia e la passione, la voglia di cambiare. Di ribellarsi. Di riposarsi. Di ricominciare.
“Mi spogliavo e mi sentivo leggera. Avrei continuato a spogliarmi, se fosse stato possibile. Mi sarei sfilata la pelle come un cappotto e l’avrei appesa a una stampella. A scuola c’insegnano che abbiamo quattrocento muscoli: me li sarei tolti uno per uno come fazzoletti sporchi dentro alle tasche. E le ossa ? Solo nel piede ce ne stanno cinquantadue. E io le avrei messe in un secchio al lato del letto. Anche le vene le avrei tirate via, raggomitolate e messe in un cassetto. E poi la stanchezza che mi pesava come un maglione, e tutti i pensieri che c’avevo addosso”.
Ascanio Celestini (Roma, 1972) è autore di teatro, interprete e regista. Tra i suoi spettacoli ricordiamo una trilogia sulle narrazioni di tradizione orale, che comprende Baccalà, Il racconto dell’acqua e La fine del mondo. Ha pubblicato Storie di uno scemo di guerra (Einaudi, 2005); Storie da legare (Edizioni della Meridiana, 2006), Scemo di guerra (Einaudi, 2006); La pecora nera. Elogio funebre del manicomio elettrico (Einaudi, 2006); Fabbrica. Racconto teatrale in forma di lettera (Donzelli, 2007) e Lotta di classe (Einaudi, 2009).
Luigi Di Ruscio “Cristi polverizzati” (Le Lettere)
Cosa succede se un operaio comunista marchigiano con un irriducibile penchant erotico e mistico, negli anni Cinquanta, se ne va in Norvegia in fuga dalla disoccupazione e dalla povertà ? Succede che la sua lingua, in origine nutrita di plumbea cultura di partito ed autodidatta, compulsive letture poetiche, arrugginita poi e insieme affinata dalla macroscopica distanza spazio-temporale, diventa qualcosa di ricco e stano: un masso erratico e solitario che, col suo flusso di coscienza vulcanico e ininterrotto, avvolge il lettore, lo chiama e gli racconta tutte le possibili storie del secolo scorso. L’indigenza e la magia dell’infanzia marchigiana, la sensualità della natura e del femminile, la guerra civile, la necessità della scrittura, il rapporto col partito e con la cultura di quegli anni, un furore mistico quasi sempre ribaltato in ripulsa, una lotta senza quartiere con un Iddio cui nessuno crede, ma dal quale si implora di essere creduti.
Errante, erotico, eretico come il “suo” Licini. Un soggetto nomade, se ce n’è uno. Non solo perché biograficamente estraniato dalle proprie radici antropologiche e ideologiche, ma perché irriducibilmente dis-locata è la lingua di questo picaro folle e lunare che attraversa con rabbia e ingenuità l’Europa del secolo scorso. Un’insospettabile quanto raffinata cultura poetica inestricabilmente si mescida col sostrato dialettale: costrutti ad sensum, anacoluti travolgenti, neoformazioni a pioggia. E un madornale, rapinoso martellamento ritmico. Il lettore potrà disegnare, qui, la sua personale geografia emotiva del novecento e, insieme, penetrare in un universo fantasmagorico che segue con ostinazione logiche sue proprie. Un amalgama espressionista a gradiente massimo, da record; ma anche un grande affresco narrativo dal sapore religioso, nel senso più ampio del termine: dove la condanna delle atrocità e delle violenze di cui è capace l’uomo va di pari passo con la più pura e accecante celebrazione della gioia.
Luigi Di Ruscio (Fermo, 1930) è autore di libri di poesia: Non possiamo abituarci a morire, Schwarz, 1953; Le streghe s’arrotano le dentiere, Marotta, 1966; Apprendistati, Bagaloni, 1978; Istruzioni per l’uso della repressione, Savelli, 1980; Enunciati, Stamperia dell’arancio, 1993; Firmum, Pequod, 1999; L’ultima raccolta, Lecce 2002; Poesie operaie, Ediesse, 2007. Ha pubblicato le opere narrative Palmiro, Lavoro editoriale, 1986, Le Mitologie di Mary, LietoColle, 2004; L’Allucinazione, Cattedrale, 2007, Cristi polverizzati, Le Lettere, 2009.
Walter Siti “Il contagio“ (Mondadori)
Un angolo di borgata, una casa popolare, tre piani di cemento. Dentro abitano Chiara e suo marito Marcello, ex culturista dalla sessualità incerta, Francesca, la paraplegica combattiva militante di sinistra, Bruno, ultrà romanista in affidamento diurno. E poi Gianfranco, lo spacciatore che prova a entrare nel giro grosso, Eugenio detto “er Trottola”, che lavora in un’officina e si scopre innamorato della prostituta con cui convive…In questo paesaggio fatto di pezzi di campagna, villaggi e lembi di metropoli, le loro storie s’intrecciano, unendosi a quelle di personaggi che la borgata l’anno scelta, per ribellione, per fascinazione. Come Flaminia che s’è sposata Bruno rompendo con la famiglia; o come il professore, che ama Marcello e lo mantiene.
Con una lingua “presa dal vero” ma non per meno letteraria, che contamina il romanesco dei personaggi con l’italiano e piega l’italiano dell’autore verso il dialetto, Siti costruisce un romanzo che cancella se stesso in un brulicare di mille storie violente e grottesche, la cui somma, alla fine, dà zero.
Walter Siti (Modena, 1947) insegna Letteratura italiana contemporanea all’Università dell’Aquila. È autore di saggi sulla letteratura italiana del Novecento (ad esempio sul neorealismo, su Penna e su Montale) e curatore delle opere di Pasolini in dieci volumi per i Meridiani della Mondadori. Le sue opere narrative sono Scuola di nudo (Einaudi, 1994); Un dolore normale (Einaudi, 1999), La magnifica merce (Einaudi, 2004), Troppi paradisi (Einaudi, 2006), Il canto del diavolo (Rizzoli, 2009), Il contagio (Mondadori, 2009).
Dal Comune di Porto Sant’Elpidio
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