Al Teatro Comunale arriva lo spettacolo “Storie di questa terra”
Venerdì 16 gennaio 2009 alle ore 21,15, al Teatro Comunale di Porto San Giorgio, si terrà lo spettacolo "Storie di questa terra", la storia di un incontro impossibile: quello tra civiltà contadina e musica rock. Lo spettacolo sarà a ingresso libero, nell’ambito della Stagione Culturale 2008/2009 "Radici della Marca".
E’ del passato che si parla in questo lavoro di Eventi Culturali\Teatri Comunicanti", non di quello antico medievale e polveroso ma di quello appena trascorso, di qualche generazione fa, di un passato tanto recente quanto incredibilmente lontano, dimenticato e volutamente rimosso, si parla di quell’epoca che conosciamo, cataloghiamo ed amiamo definire con il nome di "contadina", con tanto di tradizione e di civiltà.
Si parla dunque di contadini, di storie e di terra, di storie di questa terra, si parla come se questi fossero enormi dinosauri di cui abbiamo ritrovato zanne e vertebre, lontani e pelosi avi che abitavano il pianeta coltivando stralunate abitudini.
In realtà è proprio così, quei coloriti contadini di ieri sono definitivamente scomparsi e parlare di loro è la stessa cosa che parlare dei romani o delle guerre puniche.
C’è una vena di nostalgia che percorre tutto il concerto, nostalgia per quel tempo della semplicità, tempo delle cose chiare, dell’aria, del sole, del vino, tempo in cui non nascevano nei campi né la noia né lo stress, tempo in cui ci si coricava al tramonto e ci si alzava all’alba, tempo in cui le mani contavano e sapevano fare, tempo della stalla fumante, delle facce fiere e segnate, delle corse dei bambini, della grande saga della trebbiatura, dei pranzi in tanti, degli animali, delle piante, del fuoco acceso crepitante, della luce fioca della sera, delle preghiere collettive, dell’essere sempre numerosi ovunque.
C’è anche nel lavoro una dichiarata soddisfazione per la fine di quei tempi, tempi in cui si lavorava come bestie dalla mattina alla sera, tempi in cui scendeva nell’aia il padrone e si portava via gran parte del raccolto, tempi di profonda ingiustizia, tempi di ignoranza, di miseria oltre ogni immaginazione, di schiene piegate, di piedi spaccati, di mani rugose, tempi senza diritti e con solo doveri, tempi di freddi inverni e di estati infuocate, tempi senza tutela.
Nostalgia, ironia, divertimento, musica, teatro, cabaret, tutto insieme, frullato per due ore, questo è lo spettacolo.
Il lavoro attinge a quel vasto bacino delle tradizioni popolari del fermano; canti, filastrocche, poesie, detti, proverbi, per trasformarle in poesia cantata, in canzone vera e propria nel senso moderno della parola.
I testi, partendo da espressioni dIalettali, si allargano alla lingua ufficiale per diventare altro, poesie dei nostri giorni, storie di questa terra, dove il termine terra contiene contemporaneamente il senso di territorio e di pianeta, quindi ambienti e climi locali per raccontare situazioni più generali e universali.
E’ un’operazione di contaminazione, sia dal punto di vista musicale che dei testi, lontana dalle facili volgarità che potrebbero intravedersi o da climi di demenzialità già troppo conosciuti. Un concerto decisamente e volutamente giocato sulla poesia e sull’impegno. Un tentativo di avvicinare due mondi apparentemente separati, il mondo della tradizione contadina e quello giovanile della musica rock. Il segno distintivo del progetto sta proprio in questa azzardata fusione, nel voler far ascoltare ai giovani attraverso le loro sonorità, i versi preferiti dei loro padri e dei loro nonni, e viceversa, nell’avvicinare i padri attraverso la loro memoria alle rumorose e incomprensibili musiche dei figli.
Le canzoni dello spettacolo saranno : "Olga", sulla memoria e sulle radici; "Terra terra", sul paesaggio collinare del fermano, sulla gente che vi abita, sui monti, sul mare, sul sole; "Ndolla ndolla lu callà", fusione di testi derivati dall’omonima e popolarissima filastrocca e da vari saltarelli marchigiani; "Pallò", sull’alternarsi dei mesi e delle stagioni, sulla vita e sulla morte; "Nulla si crea", sul mutato rapporto che abbiamo con il cibo, con gli animali e con le piante, su come sia scomparso il primo anello della catena, la produzione materiale del cibo; "Rosso di sera", sui proverbi e sulle credenze legate al mutare delle stagioni, sul futuro e sul presente, sulla speranza che ciascun uomo coltiva di avere un mondo migliore; "Pedala", su quell’infinita corsa che è la vita, sull’inspiegabile fatto che per alcuni è sempre in salita e per altri sempre in discesa; "Canzone d’amore più corta del mondo", sulla banalità di tanti testi e canzoni d’amore di oggi; "Cala cala Marì", esempio di canzone d’amore d’altri tempi, dalla famosa ed omonima poesia di Leò Bernardi; "Lecorna", divertente quadro di una società dove anche agli uomini spuntano le corna, le abitudini, le porte, gli uffici, la vita quotidiana; "Lo Trainanà d’amore", sull’ingenua maniera dei nostri contadini di rapportarsi con il sesso; "Alla gita degli orfani", sul come la civiltà contadina sia scomparsa e sul come in qualche maniera abbia creato una generazione orfana di tanti valori, sul celebre detto "Ha ammazzato lu padre pe ji a la gita delgi orfani".
Dal Comune di Porto San Giorgio
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