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La politica antirussa e l’economia fermana

Raccichini (PCdI): "La politica locale ignora il tema, ma sono dietro l'angolo danni a turismo e tessuto economico"

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Vladimir Putin

Sui quotidiani fermani di questi giorni prevalgono comprensibilmente notizie concernenti le recenti elezioni amministrative. Le discussioni in merito, se rimangono legate ad un’ottica puramente locale, ci appassionano fino ad un certo punto, essendo ormai le Amministrazioni comunali chiamate a gestire situazioni di emergenza economica e sociale create in gran parte da decisioni prese ai livelli politici più alti.

Calcinaro e la sua squadra non avranno un compito facile, specialmente perché – al di là della retorica – i civici saliti al governo di Fermo sono eterogenei politicamente al proprio interno e saranno anche sottoposti alle divergenti pressioni che di certo eserciteranno coloro i quali li hanno sostenuti al ballottaggio. Amministrare in un contesto grave a partire da tali presupposti politici richiederà grande determinazione e ferrea coesione.

La notizia più importante presente oggi sui giornali non riguarda Calcinaro, bensì i dati forniti dalla CNA regionale sull’export marchigiano con la Russia nel primo trimestre dell’anno, che rivelano un calo di ben 77 milioni di euro. Se la provincia più penalizzata è Ancona, la seconda è quella di Fermo (con una perdita di 19 milioni di euro); è facile capirne i motivi, visto il peso che nel Fermano hanno i settori particolarmente danneggiati del calzaturiero e dell’agroalimentare. Siamo in presenza di un fatto particolarmente sfavorevole per l’economia fermana, che non si origina da qualche punizione divina, ma da una precisa scelta di politica internazionale: quella delle principali forze politiche italiane di sottostare ai diktat guerrafondai statunitensi, accettando le sanzioni contro la Russia in seguito all’esacerbarsi della questione ucraina.

Noi Comunisti – tra i pochi nello squallido scenario politico italiano – abbiamo da sempre denunciato che il cambio di regime in Ucraina non aveva nulla a che fare con la democrazia, in quanto organizzato da una coalizione formata da plutocrati e nazionalisti e neonazisti ucraini con l’appoggio degli Stati Uniti, interessati a danneggiare economicamente la Russia, bloccandone per esempio l’esportazione del gas in Europa, e a conquistare un nuovo tassello nell’accerchiamento strategico e militare del gigante euroasiatico. Le sanzioni contro la Russia rientrano in questo quadro preoccupante per la stabilità e la pace nel Vecchio continente. Non si poteva di certo ignorare che Mosca avrebbe reagito bloccando l’importazione di alcuni prodotti occidentali, con grave danno di quei Paesi europei che hanno con la Russia un intenso rapporto commerciale, come l’Italia.

Alle sanzioni economiche si somma la forte diminuzione del valore del rublo, causata almeno in parte dal calo del prezzo del petrolio, dietro al quale è probabilmente ravvisabile un’altra volta l’azione di Washington, poiché la maggiore quantità di petrolio in circolazione dipende sia dall’aumentata estrazione decisa dal principale alleato mediorientale degli Stati Uniti, l’Arabia Saudita, sia dall’immissione sul mercato del greggio nordamericano estratto tramite la modalità del fracking.

Se è comprensibile l’interesse nordamericano, che cosa l’Italia sperava di ottenere accettando passivamente la politica antirussa? Non era chiaro che avrebbe subito un ulteriore aggravamento delle proprie condizioni economiche?

Purtroppo l’Italia si comporta come un Paese privo di sovranità, soggetto ai voleri che vengono dalle istituzioni europee a guida tedesca e dalla NATO a guida statunitense. Sul piano economico, tale sudditanza determina risultati estremamente negativi sia per i lavoratori che per la piccola e media impresa, come è evidente dai dati forniti dalla CNA regionale.

Se quest’estate un albergatore della costa fermana dovesse registrare un calo degli arrivi dall’estero e delle relative presenze, dovrebbe ricordarsi delle parole del console russo in merito al turismo marchigiano: “Le previsioni non sono da considerare buone anche perché il governo centrale russo sta invitando i cittadini a trascorrere le vacanze nel proprio Paese”.

Mi chiedo, pertanto, perché nella politica locale tali temi vengono praticamente ignorati, considerata la loro importanza per le problematiche che si registrano nei vari territori comunali. Si dice, spesso demagogicamente, che la politica vera è quella che si fa dal basso, dai territori; tuttavia, se non adotta un punto di vista più ampio, questa politica dal basso rimane anche una politica bassa di qualità e prospettive.

da Giorgio Raccichini
Partito Comunista d’Italia Porto San Giorgio

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