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Se Bianca Lancia lo venisse a sapere… Intervista a Carla Abbondi

Del volo, delle costellazioni e del bianco

"Studio per corona di 12 stelle", di Carla AbbondiIl sapere tutto, se considerato come una serie di “contenitori a tenuta stagna”, scadrebbe presto, consumandosi in un’autocelebrazione vuota e fine a se stessa, per non parlare dell’odore di stantio che ne anticiperebbe la rievocazione. Di contro, se fuso in una mescolanza – elettricamente carica – delle varie discipline, sarà terra fertile per una sperimentazione pura e da cui trarre ibridi come singole porzioni esteticamente audaci e decisamente seduttive.


L’amalgama iniziale è proprio quella derivata dalla combinazione di concetti, tecniche artistiche e ogni altra scienza. Carla Abbondi inizia da qui, modellando, estraendo di volta in volta gli elementi modificati, arricchiti e ossigenati da condizioni mai prese del tutto in considerazione.

Elementi arcaici, se vogliamo, ma solo perché imprescindibili primordi. Carla è una coreografa di fasci fotonici. Ne dirige le danze, le rotazioni e rivoluzioni attorno a un manufatto artistico per lo più etereo, ma sempre dal piacevole incanto. La luce è il suo marmo da scolpire e il bianco (proprio come quello della tela o del foglio immacolato) diventa sfondo su cui intercedere con un tono su tono. Ogni opera è un complesso spettacolo pirotecnico, ma di bello c’è che il fuoco non si consuma in un frastuono, anzi, l’ovattata quiete che le accompagna reinterpreta una sorta di compiutezza amniotica.

È praticamente impossibile scindere dalla luce, che usi come materia pittorica o plastica, il particolare significato che ciascuno di noi le attribuisce. Qual è la carica simbolica che le dai tu?
Di certo ha un significato strettamente connesso a ogni singola interiorità! Per quanto mi riguarda, la luce rappresenta nient’altro che quell’energia, anzi, quella scintilla che ognuno conserva e che, alle volte, nasconde dentro. Tutti siamo scintille, tutto ciò che abbiamo intorno è composto da scintille che espandono e causano il divampare di ulteriori scintille! Ecco, le mie creazioni non sono altro che composizioni di scintille che, estendendosi, illuminano tutto ciò che vi si trova in prossimità, fruitore compreso, per far sì che, ogni altro bagliore, attratto dalla luce, venga allo scoperto… I miei Bodylight hanno luce interiore e ogni individuo è come un Bodylight!

Un po’ per la tua formazione professionale, un po’ per gli interessi che hai e che affronti anche nei tuoi lavori, la componente “scientifica” e astrale ha un certo peso nella tua attività artistica. Ti senti più una sorta di scienziata o un’artista?
Indubbiamente un’artista! Certo, c’è una ricerca che va di pari passo con lo sviluppo personale, ma nel campo artistico non mi sono voluta far mancare nulla e non ho voluto bruciare le tappe. Sono partita dall’acquarello che, per quanto sia una delle tecniche più gettonate, soprattutto fra gli amatori domenicali, per l’ottenimento di un lavoro qualitativamente discreto è anche una delle più difficili da trattare…

Con che criterio progetti i tuoi pezzi? Fai dei bozzetti o degli studi specifici dell’idea?
"L'ultima ruota del carro", di Carla AbbondiIn realtà è un tipo di ricerca… molto concreta! Mi basta vedere un oggetto, un ritaglio di alluminio, del materiale di scarto o da riciclo: oggetti creati per scopi totalmente diversi e che, di colpo, mi suggeriscono un’opera già bell’e finita! Ti faccio un esempio: l’idea de “L’ultima ruota del carro” è partita dalla puleggia di una lavatrice rotta. Oltre a possedere un nesso con le due costellazione dell’Orsa minore e dell’Orsa maggiore, ha anche un legame alla mia storia personale. Sono l’ultima di quattro figli e quindi la più piccola. Sono cresciuta sentendomi ripetere continuamente “Sei l’ultima ruota del carro tu, non conti niente!” (Ride N.d. R.).
Il tipo di studio che faccio sui materiali da utilizzare in realtà è una specie di ricerca fotografica. Diciamo che mi serve per prendere un appunto! Ne studio il rendimento luminoso, i punti di vista… poi, il lavoro vero e proprio, lo svolgo in fase di preparazione, montaggio e costruzione!

Come sei arrivata all’uso della luce quale mezzo creativo e, soprattutto, che tipo di tecnica hai in serbo per il futuro?
"Aisha", di Carla AbbondiAll’uso della luce sono arrivata grazie ad una collettiva. Era una mostra dedicata al “bianco”. Avevo già in mente di usare come soggetto il bianco della luce, proprio perché è un bianco assolutamente puro e completo, insomma, è il bianco per eccellenza! Solo che, pian piano, mi sono resa conto che nessuna tecnica era adatta a rendere il tipo di bianco che avevo in mente. Così, non ho fatto altro che utilizzare dei fasci di luce pura! È lì che è nata “Aisha”, la mia prima opera fatta di luce, ed è lì che ho cominciato a studiarne tutte le potenzialità…
Per il futuro ho in mente di approdare ad altro… non so se è il caso di dirlo, non vorrei apparire una pazza! Però, penso all’elemento atmosferico, all’aria che funge da tramite e da reale filtro per l’ottimale visualizzazione della luce stessa. Mi piace pensare a qualcosa di ancora più immateriale, una sorta di forma eterea e simbolicamente autentica… ci sto studiando per ora, quindi meglio che non dica altro, poi vedremo i risultati!

Da donna a donna: la donna che c’è dietro all’artista. Sei mamma, moglie e lavori come professionista a tempo pieno: dove trovi il tempo di essere così attiva dal punto di vista artistico?
Diciamo che ho ottimizzato i tempi! Quando sono nel mio studio, cerco di portare a termine il maggior numero possibile di opere e, mentre lavoro a qualcosa che avevo pensato in precedenza, comincio già a sviluppare mentalmente quella successiva! Per ogni suggerimento che mi arriva da un oggetto o dal quotidiano prendo un appunto fotografico. Altre volte ho la fortuna di svegliarmi già con un’idea in testa, così mi risparmio tutta la fase progettuale! La cosa più difficile è trovare i materiali adatti e che non sempre sono di facile reperibilità. In alcuni casi me li devo inventare di sana pianta!

È proprio il caso di dire che non ci dormi la notte!
No, infatti! E ti dirò di più: ho cominciato anche a fare – non ridere, ti prego – dei ritratti telepatici…
Come sarebbe a dire “ritratti telepatici”?!?
Proprio così: ritratti telepatici! Qualcosa che… ha a che fare con l’anima…
Ho preso l’abitudine di ricordarmi la data di compleanno dei miei – chiamiamoli così – acquirenti fissi e/o persone a me care: tutti coloro che si sono affezionati ai lavori che faccio e che, ogni tanto, vengono nel mio studio e se ne vanno portandosi via una nuova creazione. Ecco, a loro, per il compleanno, faccio un ritratto pensando o cercando di intuire il loro carattere, cosa può piacere e cosa no, i dubbi, il passato e tutto ciò che caratterizza le singole storie personali. Durante la notte ci rifletto, poi nei giorni successivi inizio a dipingere. Ne ho fatti già una decina e pare siano rimasti tutti sorpresi, ci si sono ritrovati! Chissà come potrebbe essere il tuo…

Mmm… non sono sicura di volerlo sapere! Comunque, andiamo avanti… senti Carla, c’è un’opera, una mostra o un evento a cui sei particolarmente affezionata?
Beh, a me piacciono tantissimo le grotte, i castelli e i siti archeologici. Ogni opera acquista un sapore del tutto particolare ed esclusivo a seconda del luogo in cui viene esposto… Tempo fa mi è tornato in mente un luogo strano, una sorta di castello o villa dismessa e in decadenza. Ho cominciato a chiedere a tutti, finché un cacciatore mi ha confermato che c’era un posto simile vicino al mio paese natale. Era completamente ricoperto di roghi! Ho faticato tantissimo a ritrovarlo, ma alla fine ci sono riuscita! Così, ho preso le mie opere, le ho portate lì e le ho fotografate! L’emozione più grande è stata comunque vedere i miei lavori esposti nel grottino a San Francesco durante il festival AR[t]CEVIA. C’era una vera e propria magia lì dentro!

La domanda che faccio più o meno a tutti, tanto per avere un’idea di cosa pensano gli artisti marchigiani: un tuo parere sul panorama attuale dell’arte?
"Rubinia", di Carla AbbondiBeh, la cosa bella è che sempre più gente si sta avvicinando all’arte. È un po’ come nelle culture indigene dove, durante le celebrazioni, tutti ballano e tutti si dipingono il corpo senza distinzioni! Non esiste scissione fra chi fa e chi guarda, tutti partecipano attivamente! Nella nostra cultura invece, c’è stata per troppo tempo la tendenza a delegare tutto ciò che fosse arte o espressione artistica agli addetti ai lavori… Per il resto, non è compito mio dire dove il panorama odierno sta andando a parare, per quello ci sono i critici. Alle volte però, mi vedo lontanissima da determinati generi. C’è tanta spettacolarizzazione di violenza, di scene che rimandano a puri istinti sessuali e soprusi. Di sicuro non sono altro che forme di denuncia e trasposizione del proprio tempo, ma le trovo alienanti. Io sono ancora alla ricerca della bellezza… mi piace pensare che l’arte sia una fuga piacevole dalla realtà, una sorta di piccolo rifugio in cui rinfrescare quelle emozioni capaci di distogliere la mente da tutti i pensieri che attanagliano…

Sogno nel cassetto, o meglio, obbiettivo per il futuro?
Mi piacerebbe esporre ad Andria, a Castel del Monte e a Jesi. Vorrei dedicare una mostra a Federico II…
Perché proprio a Federico II?
Perché ne sono innamorata, di lui e del suo castello! È stato un uomo di grande cultura! Un matematico, astrologo e perfino falconiere… un vero e proprio genio! E poi amava una donna di nome Bianca Lancia! Tutto questo mi dà spunto per fare qualcosa che abbia a che fare con il volo, con le costellazioni e con il bianco…


Intervista di Laura Coppa
Direttore artistico e curatore
di Artcevia International Art Festival
www.artcevia.org

Redazione Fermo Notizie
Pubblicato Lunedì 21 gennaio, 2013 
alle ore 16:38
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