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Quintorigo & Roberto Gatto play Frank Zappa, il 14 luglio a Monte Urano per SummerTAM

L'intervista a Valentino Bianchi (sax): "Noi, unanimemente innamorati di Zappa. Concerto da vedere, oltre che ascoltare"

Quintorigo e Roberto Gatto

Non basterebbero cento pagine per indagare e scoprire con gioioso stupore le infinite influenze che sottendono la musica di Frank Zappa, così come infiniti sono i musicisti che hanno mutuato qualcosa di prezioso da lui.

Fra questi ci sono anche i Quintorigo, di cui tanti critici hanno letto la cifra incontrovertibilmente zappiana quasi come una aprioristica ed ossessiva forma mentis. Un lavoro su Frank Zappa è sempre stato nel cassetto dei progetti da realizzare, almeno come idea embrionale. Ma colui che ha fatto prendere la penna e gli strumenti in mano ai Quintorigo è stato niente meno che Roberto Gatto, assoluto fuoriclasse del jazz italiano ed internazionale, sulla cui carriera non occorre dire nulla che già tutti non sappiano, se non il fatto che da sempre nutre una passione smodata per Zappa.

Questo è QUINTORIGO & ROBERTO GATTO PLAY FRANK ZAPPA: un lavoro prima di tutto e soprattutto live, che non costituisce un concerto tributo nè un concept-live, tanto meno un insieme di cover, ma un modesto, sentito, onesto, filologico e sperimentale ringraziamento personalissimo a Frank Zappa.

Un’opera monografica, accurata nella sua veste teatrale e scenografica, ma commossa e viscerale nella performance, che si pone come finalità quella di fare conoscere (o riconoscere) un appetitoso assaggio selezionato dall’universo zappiano, e che possa spingerci, perché no, a fare una salutare abbuffata della sua discografia, piatti indigesti compresi.

Quintorigo & Roberto Gatto play Frank Zappa
Martedì 1​4 luglio h 21:45

Piazza Marconi, Monte Urano
Info: 338 4321643 – www.tam.it

Valentino Bianchi – Sax
Andrea Costa – Violino
Gionata Costa – Violoncello
Roberto Gatto – Batteria
Moris Pradella – Voce
Stefano Ricci – Contrabbasso

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L’UNIVERSO DI FRANK ZAPPA

Siamo unanimemente innamorati di Frank Zappa: così Valentino Bianchi, sassofonista dei Quintorigo, nel raccontare le peculiarità contenute in un lavoro di altissimo livello, sia nella versione discografica che, soprattutto, in quella live. Perché quello del funambolico artista statunitense, scomparso nel 1993, è un universo talmente vasto da sorprendere tutti i complici (con Bianchi troviamo anche Andrea Costa al violino, Gionata Costa al violoncello, Moris Pradella alla voce e Stefano Ricci al contrabbasso) di questo progetto, nato da un input del batterista Roberto Gatto, profondo conoscitore del talento di Zappa.

Valentino, cosa ha rappresentato (e cosa rappresenta ancora oggi) Frank Zappa per voi?
“Noi conosciamo bene la lezione di Frank Zappa e ci siamo ispirati al suo modo di fare musica così sperimentale e contaminato. L’occasione è arrivata dalla proposta di Roberto Gatto di realizzare questo progetto: per lui Zappa è un artista che ha segnano la sua gioventù, oltre che la sua professione; così, nonostante Roberto abbia avuto una carriera meravigliosa, gli mancava questa esperienza diretta di lavorare su un mostro sacro. Per quello che riguarda noi, abbiamo accettato perché siamo unanimemente innamorati di Zappa”.

Questa la genesi. Poi come si è sviluppato il vostro lavoro?
“Il lavoro in realtà è nato da sé: tanto il grande entusiasmo da entrambe le parti che ci siamo fatti carico anche delle difficoltà logistiche, Roberto abita a Roma, noi in Romagna. Abbiamo fatto la scorsa estate una sessione di prove durata una settimana proprio da noi e ci siamo messi a lavorare filologicamente. Forse il momento più difficile è stato quello in cui abbiamo dovuto selezionare il materiale, perché Zappa ha scritto un universo di musica spaziando in generi ed epoche diverse, contaminandole. Abbiamo privilegiato alcuni brani particolarmente celebri, in modo da avere una riconoscibilità da parte del pubblico. Ma abbiamo anche ascoltato alcune tracce di un percorso meno noto, se vogliamo più colto. Quindi, il nostro lavoro, per quanto non esaustivo, è ad ampio spettro: riesce a dare spazio allo Zappa rockettaro, allo Zappa chitarrista, ma anche allo Zappa compositore.”

Muovendovi all’interno di una produzione così vasta, cosa vi ha sorpreso di più?
“In questo Roberto ha giocato un ruolo importante, perché lui conosce Zappa anche nei meandri più nascosti. A titolo personale, posso dire che l’aspetto di Zappa che mi ha colpito di più – e che era quello che conoscevo meno – è lo Zappa autore di testi. Non avevo mai fatto caso alla parte testuale, ma lavorandoci sopra mi sono reso conto che ha scritto cose di grande valore, sia cariche di ironia, che su tematiche molto attuali, di pacificismo e di lotta alla mala politica. Poi ci sono testi assolutamente surreali, che vanno conosciuti. Per questo durante lo spettacolo cerchiamo di tradurne qualcuno: meritano molto. Insomma, Zappa sapeva anche usare bene le parole.”

Quanto è importante per voi la dimensione live?
“Il live è tutto per noi. Questo progetto, nello specifico, non è nato come discografico ma, appunto, come live. Abbiamo deciso di registrare dopo perché ci siamo resi conto che avevamo tra le mani un bel lavoro, che meritava sicuramente di essere concretizzato. Per noi Quintorigo il live è da sempre la componente più importante: non che non ci piaccia lavorare in studio, ma il rapporto diretto con il pubblico, la performance, i momenti di improvvisazione che rendono ogni concerto diverso dall’altro sono tutti elementi importanti che nel disco non ci sono. Ci piace stare su un palco e dare il meglio di noi stessi, ogni sera.”

Colgo la tua riflessione e aggiungo: il live è uguale ovunque? Ovvero: quanto incide lo spazio, lo scenario nel quale vi esibite?
“E’ una domanda interessante, che fa riflettere. Partiamo dal presupposto che il concerto che ascolterete a Monte Urano ha come scaletta standard e ripete più o meno la tracklist del disco, con aggiunte di bis e, ogni tanto, qualche cosa di diverso. Ma è stato costruito in modo che abbia una certa presa emotiva sul pubblico. Certo, ogni concerto è diverso dall’altro, innanzitutto perché ci sono grandi spazi improvvisativi. E’ anche vero che noi siamo particolarmente suscettibili al contesto nel quale ci esibiamo, non siamo così freddi da proporre tutto in maniera sempre uguale. Molto spesso ci sono dei momenti di grande coinvolgimento emotivo e questo è determinato prima di tutto dal calore che ci trasmette il pubblico, ma anche dal contesto. Quindi sì, l’ambientazione incide molto. E poi questo è un concerto energico, c’è molto movimento sul palco, ci sono anche letture e inserti parlati durante i quali leggo qualcosa. E’ un concerto da vedere, oltre che da ascoltare.”

(intervista di Andrea Braconi / TWITTER e INSTAGRAM @andreabraconi74)

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